Elliot S. Schreiber, Ph.D. ex dirigente aziendale, docente ed esperto di organizzazione aziendale, ha recentemente pubblicato un libro piuttosto interessante “The Yin and Yang of Reputation Management Eight Principles for Strategic Stakeholder Value Creation and Risk Management
Nel Taijitu (太極圖) il simbolo taoista che tutti conosciamo, Yang è la zona di luce, il bianco e Yin è il buio, il nero, ma attenzione, ogni lato ha un punto dell’altro colore.
Il libro riguarda la relazione tra opportunità e rischi nel Management della Reputazione Aziendale, ed interviene in un dibattito aperto da diversi anni all’interno di associazioni che riuniscono le dirigenze apicali delle aziende Statunitensi.
Da un lato cresce la consapevolezza che i principi prevalenti negli anni ’70 (solo profitto per gli shareholders), incontrano difficoltà intrinseche a garantire la crescita delle aziende e degli stessi profitti, dall’altro cresce la convinzione che le aspettative degli stakeholders (interni ed esterni) hanno un’importanza decisiva nella creazione di valore. Il libro respinge l’idea di una contrapposizione tra stakehlders e shareholders , ma indica con forza una rivoluzione nella considerazione dell’apporto degli stakeholders
Grandi questioni sistemiche come il riscaldamento globale, o la sicurezza, la tragica esperienza della pandemia ed l’ingiustizia sociale hanno reso permanente la condizione di crisi o di instabilità anche nelle economie avanzate. L’accelerazione data dalla digitalizzazione di tutto ha steso l’ala del Cigno Nero su ogni realtà e quasi su ogni tempo.
La centralità degli stakeholders riguarda– secondo Schreiber- non solo la “reputazione” del brand, o le valutazioni sul rischi finanziari, su quelli regolatori, né solamente le crisi ed i “rischi”, “esterni” , ma la stessa “creazione di valore dell’impresa”. In un intreccio “inevitabile” tra rischi e opportunità, tra aspettative e soddisfazione multi stakeholders. Questo dovrebbe ridefinire l’intera cultura aziendale.
Secondo un sondaggio (spesso evocato) di PwC, condotto prima della pandemia, circa il 95% delle aziende prevedeva di subire un rischio di reputazione entro i prossimi due anni. Poi un sondaggio del 2015 di Deloitte ha rilevato che il 78% dei rischi è di natura strategica, non proveniente da fonti esterne, e l’87% degli intervistati ha affermato che il rischio di reputazione è più importante di vari altri rischi strategici.
Secondo molti — ricorda il prof. Schreiber- gli audit interni e le valutazioni della gestione dei rischi aziendalinon sono in grado di valutare i rischi strategici. La maggior parte delle crisi aziendali deriva da valori e culture malsani e/o da illeciti gestionali, in cui le politiche, i sistemi, le pratiche e gli incentivi hanno portato a comportamenti scorretti. Come mai? si chiede Schreiber — e con lui molti dirigenti apicali — le informazioni a disposizione della governance sono in genere insufficienti? Perchè provengono da diverse unzioni o silos (quelli che noi definiremmo compartimenti stagni nda). Ciascuna di queste funzioni affronta la strategia ed il rischio da un punto di vista specifico, che spesso non si allinea con i punti di vista di altre funzioni organizzative. Per migliorare il controllo del rischio reputazionale e quindi del valore per gli stakeholder, i consigli di amministrazione dovrebbero chiedersi: quante volte ci viene presentata una comprensione completa di come l’azienda sta creando valore per i diversi stakeholder, ed i rischi associati? Chi fornisce informazioni su questioni ambientali, sociali e di governance (ESG)?
Pubbliche relazioni, marketing, rapporti con gli investitori, questioni regolatorie , relazioni istituzionali, risorse umane , agiscono spesso come “silos”, operativi e informativi, ma non collaborano e addirittura competono per la “attenzione” di Ceo e del Consiglio di Amministrazione (e per il budget). Al Ceo e al consiglio, o ai comitati in cui è organizzato, le informazioni su opportunità e rischi arrivano segmentate, compartimentate, intrinsecamente contraddittorie .
Nel libro, che indica alcuni principi chiave e fa molti esempi di grande interesse, si individuano ragioni e modalità della creazione di valore da una prospettiva multidisciplinare e multi-stakeholder. Si sostiene che questo approccio può trasformarsi in un vantaggio competitivo …con una cultura in grado di vedere e comprendere meglio sia le questioni interne che quelle esterne prima che vengano prese decisioni strategiche
“Chi governa l’azienda dovrebbe assumere un ruolo più diretto nella creazione e conservazione del valore. I valori e la cultura di solito non sono all’ordine del giorno dei CdA, ma dovrebbero esserlo; sono parte integrante della creazione e conservazione del valore”.
Una visione attuale ed una lettura appassionante