Facebook: reputazione è potere

La tempesta dei ” Facebook papers, è uno Tsunami che rischia di portarsi dietro  qualunque  sforzo per contrastarla. Dove si vede come la reputazione aziendale non è un “attributo”, una foto di gruppo con sentiment su internet; non è (solo) marketing e neppure solo un’immagine dell’identità, proiettata su un audience differenziata. La reputazione è una relazione con diversi “stakeholders” nel tempo, ed in prospettiva la base di un nuovo e complesso contratto sociale tra stakeholder e imprese

  1. Mentre Zuckerberg rassicurava i parlamenti del mondo che solo il 5% dei discorsi d’odio poteva sfuggire alla moderazione ed alla limitazione degli algoritmi whistleblower autorevoli come Frances Haugen, ed una enorme serie di documenti,  ha dimostrato che alla selezione, sfugge più del ’80% . Anzi la dirigenza dopo aver scoperto che profitti  in AdS aumentavano decideva di non agire 
  2. Sul gioco al massacro hanno inciso cambiamenti sui quali gli stessi ingegneri di FB  avevano attirato l’attenzione:  il “premio”di visibilità garantito alle emoji negative, ha spinto persone e media tradizionali ad rilanciare la “spirale” di contenuti conflittuali e aggressivi 
  3. Dopo lo scandalo della micro-targetizzazione con i “dati degli altri”, a fronte di un conflitto politico esasperato, e dell’ingerenza di account stranieri nelle campagne elettorali USA, Facebook è risultata decisiva della propagazione delle fake news. 
  4. La reazione successiva alle dichiarazioni di Trump, le regole sulle inserzioni politiche degli si sono portati dietro anche Youtube e Twitter,  ma le misure di trasparenza e anti-odio prese  da FB sono state sospese proprio il giorno delle elezioni. 
  5. Questa decisione ha aiiutato le peggiori campagne di falsificazione: dall’assalto a Capitol Hill, alle teorie complottiste, fino alla esacerbazione del conflitto razziale. Tutto  senza che la leadership (al corrente degli sviluppi) ritenesse di dover cambiare la linea per ragioni di profitto. “L’odio fa profitto e  non possiamo ridurlo” è stata la filosofia che i Facebook Papers hanno messo allo scoperto
  6. Infine gli investimenti fatti su scala globale affinché l’algoritmo non premiasse posizioni false (sul Virus), estreme o discorsi avvelenati, sono  stati modesti soprattutto in aree del mondo a rischio di conflitti sociali e religiosi. Questo ha dato luogo a campagne estremamente violente e tumulti razziali in India contro i musulmani.  Migliaia di donne nelle Filippine sono state ingannate alla propaganda di agenzie di “collocamento” nei paesi arabi, rivelatesi vere proprie agenzie di esportazione della schiavitù domestica 

Uno “scandalo” sistemico, non un passo falso, nè“una crisi” nel corso di una navigazione rischiosa ma inesorabile. 

Anche l’annuncio del  “cambio di nome “ (META) e la ridefinizione dell’ambito di business, non può essere un escamotage comunicativo, un maquillage buonista. A proposito di Metaverso la Haugen ha detto all’AP, che  “ questi ambienti immersivi sono estremamente avvincenti e incoraggiano le persone a staccare la spina dalla realtà in cui viviamo realmente, sono anche preoccupata…il metaverso ci richiederà di mettere  molti, molti più sensori nelle nostre case e nei nostri luoghi di lavoro” e rinunciamo a più dati e privacy.

L’epoca dei Grandi Digitali (del dopo pandemia, della riduzione delle emissioni di Co2) richiede qualcosa in piú : una rivoluzione nel rapporti tra governi,  big companies e Stakeholders (come ipotizza il libro di Alec Ross I “Furiosi Anni Venti”), cioè con tutti coloro che hanno qualunque interesse e o opinione su ciò che fa un’impresa privata . Le eventuali nuove regole fanno parte di questo patto.

La reputazione aziendale non è più solo (se mai lo è stata) un tema di identità e immagine, visibilità e apprezzamento, ma è una questione di rapporti di forza, di potere tra shareholders a stakeholders. 

Società, cittadini, consumatori,  istituzioni pubbliche, aziende concorrenti e non,  analizzano, giudicano, e tentano di modificare costantemente le relazioni tra loro e con le imprese , tanto più se queste hanno una influenza fondamentale nella loro vita.  

Ecco perché la “reputazione aziendale” (e quella dei leaders) , analizzata secondo diversi punti di vista (atteggiamento psicologico, misura del gradimento, visibilità etc) va considerata come una misura “relazionale” pervasiva, nella quale contano numerosi soggetti e le relazioni tra loro:  gli attivisti e i decision makers pubblici e privati, i portatori di interesse informati. Un peso rilevante dovrebbero avere quelli che potremmo definire stakeholders omologhi, capaci cioè di dare giudizi alla pari (come i managers informati) sempre più imprtanti accanto ai portatori di interessi sociali. Misurare e conoscere serve a condividere e decidere.